ATO nasce nel 1991 a Milano dall’iniziativa di alcune persone che forti di esperienze vissute come trapiantati e trapiantandi hanno deciso di costituirsi in Associazione così da offrire il proprio contributo per migliorare le condizioni di chi si trova a fronteggiare una medesima situazione. Un impegno su fronti diversi ma complementari tra loro per dare risposte alle necessità di chi ha già subito l’intervento o si accinge ad affrontarlo. ATO si diffonde poi in altre regioni italiane impegnandosi per una sempre più stretta collaborazione con la classe medica, le Autorità sanitarie ed i responsabili delle strutture pubbliche per una maggiore disponibilità e considerazione nel riconoscere la particolare condizione del trapianto.
Il trapianto d’organo è un intervento di estrema necessità, che deve essere riservato a pazienti per i quali non sussistano più possibilità terapeutiche, mediche o chirurgiche, d’altro genere. Gravità dell’affezione dell’organo in questione e aspettativa presuntiva di vita del paziente sono i due fattori determinanti nella programmazione dell’intervento. Perché il trapianto abbia ragionevoli possibilità di successo immediato e duraturo, è indispensabile che non esistano malattie generali importanti o serie compromissioni di altri distretti od organi. La personalità del paziente e il suo giusto equilibrio emotivo e psicologico, le condizioni ambientali in cui vive, sono fattori essenziali per il successo.
Stabilito che un paziente può essere candidato al trapianto d’organo, rimangono da stabilire i tempi dell’intervento. È questa una decisione di estrema delicatezza perché, considerata l’alea ancora elevata di decessi che questo tipo di interventi comporta, è da escludere l’esecuzione precoce di un trapianto; l’operazione è d’altronde certamente inutile, se troppo tardiva, quando sono già esaurite le capacità generali di recupero del paziente.
È essenziale ribadire, a questo proposito, che il trapianto d’organo è un mezzo terapeutico in cui il lavoro di équipe assume la massima importanza: l’atto chirurgico non è altro che uno dei tempi (e forse neanche il più importante) di una serie di azioni coordinate, plurispecialistiche, che vedono affiancati al chirurgo, l’anestesista, il cardiologo, il nefrologo, l’analista, l’immunologo, il genetista